LUCIANO CARAMEL 2004
La scultura come interrogazione
Triste, e ingiusto, destino, quello di Amilcare Rambelli, scultore tra i maggiori,
nelle premesse di poetica e nei risultati, su di un piano internazionale, tra quanti operarono
negli anni sessanta-settanta, i pochi che gli furono concessi per applicarsi con propositività
interrogativa ai problemi di un linguaggio appunto allora riaffrontato negli stessi fondamenti
statutari, fino a metterne in discussione la medesima legittimità storica, per il sostanziale giro di boa, sul piano
teorico e fattuale, che nel clima post-informale l’intera arte occidentale si trovò ad affrontare.
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Preistoria e protostoria
La vicenda della ricerca innovativa in ambito plastico di Rambelli si dipana dai primi anni sessanta, dopo il ritorno dell’artista a Milano, nel 1959, dall’Abruzzo, dove s’era trasferito nel 1950, vivendo prima a Teramo, fino al luglio 1955, quindi a Castelnuovo Vomano, un paese di quel territorio. Luoghi d’origine della sua famiglia, d’altronde, nei quali Amilcare già s’era rifugiato nel 1943, nel pieno del dramma della guerra, lasciando Milano, dove era nato nel 1924, e interrompendo gli studi al Liceo Artistico di Brera.
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Naturale e artificiale, struttura e spazio, o della dialettica nella discontinuità.
L’applicazione a soggetti non più solo interni alla sostanza tellurica e germinale, affacciatasi nel 1964 (così, ad esempio, in Le persecuzioni , ove, però ancora attestata su di supporto piano, una coppia di piccoli viluppi organici dialoga con altrettanti, ma dominanti per le misure ben maggiori, dischi circolari geometricamente definiti agganciati a dei perni e segnati all’interno da fitti raggi, in forma di vere e proprie ruote) va precisandosi e imponendosi in Rambelli tra il 1965 e il 1967. Con la conseguenza d’una più diramata articolazione di contenuti, dall’universo naturale, prima esclusivo, ad una dimensione che guarda oltre di esso, verso l’artificiale, il costruito, il meccanico anche, appunto, per inglobarlo problematicamente in un “racconto” maggiormente comprensivo e complesso, col flagrante inserimento nello spazio delle forme, ora soprattutto fuse in bronzo. Rambelli attua in tal modo un sostanziale cambiamento di rotta, ideativo e formativo, presto riconosciuto dalla critica nel suo rilievo sperimentale e propositivo, nell’ambito della ridiscussione statutaria del linguaggio della scultura cui si accennava iniziando queste righe.
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